Roma, «Il bimbo è autistico, resti a casa»: lo scherno delle maestre all’alunno nella chat su WhatsApp. La denuncia della madre

Luca – lo chiameremo così – è un bambino di sei anni dagli occhi scuri e profondi. A vederlo giocare sereno nel cortile di casa nessuno potrebbe mai immaginare la fragilità che pervade il suo mondo dove, a volte, neanche mamma e papà riescono ad entrare. Luca è un bambino forte ma come tanti piccoli è affetto dal disturbo dello spettro autistico, una patologia che non si vede ma che pure esiste e copre di ombre tutte quelle zone dell’infanzia che, al contrario, dovrebbero essere irradiate da una luce costante. Per il suo disturbo Luca, così piccolo, è stato deriso, offeso e trattato quasi fosse un “untore”. E non da estranei qualsiasi, insensibili sempre presenti dell’appello della quotidianità ma dalle sue insegnanti, come denuncia la madre, che ne hanno fatto oggetto di derisione in una chat di gruppo. 

Roma, il bambino autistico deriso dalle maestre

È una storia terribile – se fosse vera – per i risvolti umani che si porta dietro e per i protagonisti coinvolti: i docenti, quelle figure che, alla stregua dei genitori, dovrebbero tutelare i bambini. Siamo a Roma, in un quartiere ad Est della città, in cui molte giovani coppie hanno deciso di metter su famiglia. Luca e i suoi genitori a fine gennaio si ammalano di Covid-19, il piccolo non andrà a scuola per almeno due settimane. 


I MESSAGGI 

Ed è in quel frangente che si sarebbe palesata una malvagità insopportabile. «Le maestre di Luca – racconta la mamma che chiede l’anonimato per lei e per il figlioletto – due insegnanti di ruolo in una chat con la docente di sostegno e l’assistente all’autonomia iniziano a scriversi per sapere come sta Luca». Ma il loro non è un interessamento compassionevole. «Auspicavano che le sue condizioni fossero tali da evitare il rientro a scuola perché così – prosegue la madre – loro avrebbero respirato e sarebbero state meglio». La signora, una giovane donna che proprio a causa della patologia del figlioletto, diagnosticata tre anni fa, ha smesso di lavorare per occuparsi di lui li legge: «Una delle insegnanti chiedeva “Lui è tornato a scuola? Almeno ci prepariamo all’evento” e l’insegnante di sostegno rispondeva “Hanno fatto il tampone ma sono ancora positivi, quindi la giornata comincia bene” con le faccette che ridevano in chiusura». La chat, a detta della signora, ne conterà altri di messaggi del genere, siamo alla metà di febbraio: «Sempre una delle due insegnanti di ruolo – va avanti la madre di Luca – dice “Mi dispiace per loro, ma a noi ci dice bene” e poi in un’altra conversazione “non svegliate il cane che dorme, speriamo continui a dormire”». La famiglia del piccolo guarisce e anche Luca supera il Covid tornando in classe, frequenta ancora la materna nonostante la sua età perché «i medici ci hanno consigliato di proseguire un altro anno così senza iscriverlo alle elementari». Non sanno ancora nulla. «Poi l’ex assistente all’autonomia di mio figlio – prosegue la signora – che era stata destinata ad altro incarico mi informa di questi messaggi, me li fa leggere e a quel punto mi è crollato il mondo addosso». Perché alla sofferenza di dover fare i conti con l’autismo si aggiunge quel comportamento che «fa più male di un coltello piantato nella schiena». 

IL SILENZIO DELL’ISTITUTO

La madre di Luca si presenta a scuola, chiede spiegazioni ma nessuno gliele fornisce neanche il vicepreside, stando alle parole della donna che aggiunge: «L’insegnante di sostegno negava tutto, non voleva parlare e a scuola sono arrivate anche le forze dell’ordine, avrei rischiato una denuncia per violazione della privacy poiché non facevo parte di quella maledetta chat». Da allora nessuno pare l’abbia contattata. «L’aspetto che più di ogni altro mi ha ferito è scoprire che delle insegnanti, che scelgono deliberatamente di occuparsi di disabili, possano arrivare a tanto, ad offenderli, a dileggiarli».

FUORI DALL’ISTITUTO


Il piccolo Luca da quando i genitori hanno scoperto la chat non va più a scuola. «Pretendo giustizia di fronte ad un comportamento tanto crudele, queste persone non devono restare impunite, non meritano di esercitare la professione e non siamo noi a dover trovare un’altra scuola» anche perché Luca, pur essendo autistico, è molto legato a due compagni di classe. La famiglia ha trovato assistenza nell’associazione “La battaglia di Andrea” aperta da due genitori campani che anni fa si trovarono a vivere una situazione analoga: il proprio figlio, autistico, bandito dalla recita di Natale perché considerato «inutile» dalle insegnanti. «Se tutto ciò fosse vero, sarebbe una cosa gravissima – dichiara Asia Maraucci, presidente de “La battaglia di Andrea” – siamo certi che la scuola chiarirà la situazione, e soprattutto, siamo certi che gli organi competenti faranno il proprio dovere affinché salti fuori la verità. Da parte nostra, e da parte del nostro legale Sergio Pisani, c’è tutta l’assistenza alla famiglia e soprattutto al piccolo Luca». Mentre la mamma si lascia andare ad un ultimo sfogo: «Mio figlio potrebbe essere il figlio di tutti». 

[Fontehttps://www.ilmessaggero.it/italia/ – Articolo di  Camilla Mozzetti