A tanto ammonta la percentuale dei fondi che restano nel cassetto in Lombardia. E intanto i genitori dei minori non autosufficienti sono costretti a rivolgersi ai privati pagando i servizi di tasca loro
Milano – Resta inutilizzato il 23% dei soldi pubblici con i quali vengono finanziati i voucher sociosanitari destinati alle famiglie lombarde che hanno a carico un minore o un adulto con disabilità grave o gravissima. Per dirla in numeri assoluti: l’anno scorso, secondo quanto confermato ieri dalla Regione, sono rimasti inutilizzati 3 milioni di euro sui 13 stanziati per le misure B1 e B2. E negli anni scorsi non è andata diversamente, la media del non speso si aggira sempre intorno al 20% del plafond.
È questa la percentuale che restituisce la dimensione del problema denunciato ieri, su queste pagine, grazie a Morena Manfreda, madre di un bambino con un grave disturbo dello spettro autistico e presidente dell’organizzazione di volontariato “Abilità Diverse“. Come riportato, lei e le altre famiglie dell’associazione sono pronte a fare causa alla Regione nel caso in cui non dovesse essere risolto il problema dei voucher e dei relativi fondi che restano senza destinatari. Con questi buoni e con questi soldi – è meglio ricordarlo – dovrebbero e potrebbero essere coperte le spese sostenute dalle famiglie per retribuire gli educatori, i terapisti e le terapie per i propri figli. Si tratta di soldi pubblici stanziati proprio per questo motivo, soldi attinti per lo più dal Fondo nazionale per la non autosufficienza e in misura minore dal bilancio della Regione. Il fatto che restino inutilizzati significa – come già raccontato – che le persone con disabilità restano senza l’assistenza delle figure professionali e senza i servizi per i quali quei soldi sono stati stanziati. E spesso le loro famiglie devono ricorrere ai privati, devono pagare di tasca loro ciò che dovrebbe e potrebbe essere pagato con i voucher. Da qui la protesta delle famiglie.
All’origine del problema c’è la mancanza di educatori e altre figure specialistiche nella quale si dibattono le cooperative sociali e gli altri enti che sono stati autorizzati dalla Regione a fornire le prestazioni coperte dai voucher. Niente personale, niente servizio. E l’ammontare del buono resta intonso o viene speso solo parzialmente. Manfreda attende da agosto l’invio di un educatore per suo figlio di 12 anni. Federica Muller, mamma di due bambini e presidente dell’associazione Tommy e Cecilia onlus, attende da due anni il voucher infermieristico. E questi sono soltanto due dei tanti, troppi, esempi che si possono fare in Lombardia.
“Il problema della carenza di educatori e di altre professionalità qualificate che possano lavorare nei servizi domiciliari con i minori con gravi disabilità è un problema che esiste, che è stato aggravato dalla pandemia e che si sta cercando di affrontare – spiega Alessandra Locatelli, assessore regionale a Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità –. Per risolverlo bisogna lavorare su due fronti: dare incentivi economici a chi decide di spendersi in questi servizi perché le retribuzioni previste attualmente sono basse, più basse che altrove e quindi li spingono verso altre carriere. In questo senso, la pandemia non ha fatto che aggravare la situazione perché ha fatto crescere la domanda, soprattutto da parte degli ospedali. L’altra azione da intraprendere è quella sui percorsi di formazione di queste figure professionali, che devono essere resi più attrattivi. Su questi due punti la Lombardia si sta confrontando col Governo insieme alle altre Regioni. So che il nostro assessorato regionale al Welfare è al lavoro”.
Premesso questo, secondo Locatelli la percentuale delle risorse destinate ai voucher che restano invece inutilizzate – quel 23% di cui si è detto – “non è una percentuale alta”. Quanto all’opportunità di cambiare il sistema di accreditamento, ampliando il numero di enti erogatori oppure dando loro paletti più severi, ad esempio sull’effettiva disponibilità di personale, o, altra ipotesi, introducendo un sistema di rimborsi che lasci alle famiglie la libertà di scegliere i centri ai quali rivolgersi, l’assessore spiega: “Gli enti devono essere accreditati per una questione di trasparenza e di rendicontazione. Inasprire i requisiti per l’accreditamento – prosegue la Locatelli – può essere rischioso perché già oggi non sono tanti quelli che chiedono di essere accreditati per questi servizi e queste prestazioni”. Quindi che fare? “Gli enti accreditati dalla Regione sono enti seri e fanno sicuramente tutto il possibile per sopperire alla carenza di alcune figure professionali. La Regione da parte sua ha cercato di agevolarli alleggerendo i vincoli sulle ore di prestazioni e servizi che vengono retribuite: abbiamo fissato, infatti, un tetto massimo e un tetto minimo. Quanto alle famiglie, ricordo, invece, che per il 2022 abbiamo previsto per la prima volta voucher dedicati all’autismo, un’altra innovazione finalizzata a rispondere in modo più puntuale alle esigenze di chi ha a carico una persona con disturbo dello spettro autistico”.
Provvedimenti che, però, hanno scarsa incidenza sul tema della carenza di educatori ed altro personale specializzato. Nessuna soluzione sembra dietro l’angolo, al momento. E questo vanifica le risorse messe in campo per gli assegni e per voucher ai disabili gravi e gravissimi dallo Stato e dalla Regione (in Lombardia 13 miliardi anche per il 2022) e impedisce a diverse famiglie di avere quell’assistenza e quei servizi ai quali hanno diritto senza doverci rimettere di tasca propria.
[Fonte: ilgiorno.it – Articolo di Giambattista Anastasio]